Biancodolce, il Sanremo che ci saremmo meritati

Io, se dovessi cercare, per originalità e voglia di auto-deridersi da soli, un gruppo che in qualche modo possa raccogliere la pesante Eredità di Elio & le Storie Tese, non esiterei due volte a indicare i Nanowar Of Steel.

Seguiti da tempi non sospetti, quando ancora la Pop Culture non li aveva scoperti prima con il loro per Giorgio Mastrota e per l’Inno a Feudalesimo & Libertà, e, successivamente, con i Tormentoni Norvegian Reggaeton e Vallhalleluia, la band Metal ha saputo mostrare di saper prendere in giro da sola benissimo, giocando già sullo stereotipo del Gruppo Metal serio, cattivo e con testi sempre epici.

Il passaggio alla storica e importante etichetta Napalm Records (etichetta di gruppi istituzione del Metal come Powerwolf, Mushroomheads, gli italiani Wind Rose e molti altri) ha sancito lo status di “accettazione” della scena Metal e musicale del gruppo fra la musica “vera” e non più come semplice “parodia” del genere (ma la cosa era già stata bypassata dai fan con anni di anticipo, oltre a collaborazioni con gruppi come Gloryhammer e Steel Panther, i cui Leader sono comparsi e hanno collaborato negli ultimi successi dei Nanowar).

La “svolta Pop” e l’ulteriore crescita della Band

Il singolo precedente a Biancodolce”, “Formia” (parodia alla nuova musica Indie italiana) era stata vista da alcuni fan e addetti ai lavori come un “cambio di rotta” verso il Pop e un “tradimento” delle origini degli stessi Nanowar, accusati di essere diventati “commerciali” e scimmiottatori di Elio & le Storie Tese.

Ma l’uscita oggi di “Biancodolce”, direi che abbia smentito tutto questo.

I Nanowar non stanno cambiando, stanno solo evolvendo il loro stile, stanno facendo lo stesso percorso fatto appunto da Elio: continuare ad essere irriverenti, per niente seri, ma mostrare che con 7 note e un accordo, si può continuare a non prendersi sul serio, a prendere in giro i critici musicali, gli esperti di musica e il fan che non capisce che rimarranno sempre gli stessi di “Odino and Vallhalla” e “Giorgio Mastrota”, ma che sanno eccellere anche in altre sonorità e generi.

E un pezzo così a Sanremo avrebbe fatto la sua figura e reso sicuramente più interessante una rassegna ormai da anni estranea al pubblico che ascolta musica in massa (nonostante gli ultimi anni siano stati presenti gruppi e artisti della nuova scena italiana) e cristallizzata in un immaginario che fa pensare che a Sanremo si possa proporre solo “canzonette” (meriterebbe una riflessione più ampia e dettagliata, ma non è questo il contesto adatto).

Quindi ancora i complimenti ai Nanowar, che sanno mostrare di poter fare OGNI genere di musica e continuare ad essere sempre loro stessi: caciaroni, brillanti, musicalmente stupendi, sessualmente attraenti e sul pezzo, ogni volta.

Nananananananana.

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