Dopo 20 anni da quel giorno, cosa è rimasto dell’11 Settembre?
A parte la retorica del prima e dopo quell’attentato, delle conseguenze globali nell’ambito della lotta al terrorismo, dello stravolgimento delle dimaniche geopolitiche fra Europa e USA, le retoriche delle celebrazioni, nei luoghi simbolo, cosa ci ha lasciato quel giorno?
A parte una fotografia potente come quella di Richard Drew, che sembra un perfetto simbolo della caduta delle nostre certezze e del nostro quotidiano, sembriamo non aver imparato nulla, da quel terribile momento.
Ancora continuiamo a voler “esportare democrazia” in paesi che militarizziamo e poi, una volta smilitarizzati, ripiombano nel caos (vedi l’Afghanistan), continuiamo a trovare soluzioni tampone e non a pensare a risoluzioni a lungo termine di problematiche come i flussi migratori (causati perlopiù da conflitti scatenati proprio negli ultimi 20 anni dagli effetti dell’11 Settembre) o come l’instabilità politica (voluta o meno) di certe aree.
Nel mezzo, sembriamo essere bloccati in una lunga, eterna, inesorabile caduta, senza soluzione di causa, del nostro quotidiano, dove pensiamo tutti al nostro orticello personale e non al bene comune o al nostro Prossimo.
Siamo come quell’uomo in caduta, in un istante che sembra durare all’infinito, senza modo di fermarsi, inesorabili verso il fondo