Questo Giovedì ricorre una delle date più infauste e tragiche della storia moderna italiana, l’anniversario di quello che di fatto, è stato l’inizio e l’avvento della dittatura del Fascismo in Italia: La Marcia su Roma.
Echi di Guerra civile
L’Italia è uscita malconcia dal primo conflitto mondiale: con una economia stremata, centinaia di migliaia di reduci feriti e mutilati nella psiche e nel fisico, con poche conquiste territoriali (grazie anche al poco polso del governo alle trattative post-belliche a Parigi), mentre gli effetti della rivoluzione bolscevica in Russia hanno le sue ricadute in Europa.
Il biennio 1919-1920, che la stampa borghese italiana ed europea definisce “il Biennio Rosso”, vede nel Paese centinaia di proteste, scioperi, insurrezioni operaie ovunque; il 1921 vede poi, fra le grandi agitazioni della Sinistra italiana, la scissione all’interno del Partito Socialista che porta alla nascita del PCI a Livorno (e di cui vi avevo già parlato QUI).
Ma in questo scenario, sta emergendo un altro protagonista, che sta intercettando il malumore di reduci ed ex-militari, che viene sovvenzionato nelle sue azioni dall’alta borghesia e dagli industriali e che viene visto come quel “uomo forte” che può impedire che l’italia diventi “Rossa”; è un ex-socialista, con grande arte oratoria: si chiama Benito Mussolini.
I suoi Fasci Italiani, diventati nel 1921 il PNF, vestiti di camice nere, armati fino ai denti (spesso grazie alle armi degli ex reduci o militari compiacenti che consegnano loro interi arsenali di fucili, bombe e mitragliatrici), assaltano Case del Popolo, Consorzi Agrari, sedi di partiti e sindacati di sinistra o repubblicani, giornali, manifestazioni operaie; assaltano palazzi comunali ove vengono eletti sindaci socialisti o repubblicani. Prefetti ed autorità militari intervengono a macchia di leopardo, se non addirittura lasciano fare, le squadracce di Mussolini.
(Fascisti in marcia verso Roma – © L’Illustrazione Italiana/Wikipedia – 1922)
Il 1921 le elezioni politiche segnano l’ingresso per la prima volta del PNF in parlamento, grazie alla alleanza con il Blocco Nazionale creato da Giolitti e Corradini, che permettono a Mussolini e altri 34 parlamentari di essere eletti; le tensioni, gli scontri fra i fascisti e gli altri movimenti politici aumentano, arrivano persino aggressioni (e morti) ai parlamentari.
Il 1922 vede l’escalation di violenze fasciste crescere, con Mussolini da un lato cercare di mostrare, nella facciata pubblica, una linea “legalitaria” del PNF, mentre dall’altro, fa fare il lavoro sporco alle squadre di camice nere; ma è fra la fine dell’estate e l’inizio dell’autunno che si concretizza, il piano di una Marcia su Roma per prendere il Potere con la forza del Paese.
Su Roma, marciamo su Roma
Già dal 1920, Mussolini e i suoi fedeli, con l’aiuto e il sostegno economico (e politico) della classe industriale, aveva progettato di fare un colpo di stato, ma non si erano mai create le premesse, ma stavolta sembrano esserci.
Dopo i fatti di Bolzano, Mussolini e i quadrumiviri (Balbo, Bianchi, De Bono e De Vecchi) creano una vera e propria Milizia privata ufficiale, mentre durante diversi incontri a Milano, fra il 16 e il 20, assieme a Ceccherini, Fara, Igliori e Teruzzi, programmano l’assalto alla Capitale.
In tutto questo frangente, Il governo, rettto al momento da Facta, e il Re Vittorio Emanuele III, non mostrano il sufficiente polso per contrastare la minaccia fascista e la minimizzano, specie il Re, che teme la forte presa che Mussolini sembra vantare nei ranghi dell’Esercito e dei soldati.
Il 27 Ottobre parte quindi il piano di presa del Potere: in decine di città i fascisti occupano prefetture, uffici telegrafici e telefonici, stazioni ferroviarie, anche se in alcuni centri incontrano le ostilità di esercito e azioni popolari; a Roma, alla notizia dei primi moti, il comandante in capo della divisione a difesa della Capitale, il Generale Pugliese, fa chiudere stazioni e ponti e schiera l’esercito; nella notte, al Ministero della Guerra, viene dichiarato lo stato di Assedio dal giorno successivo.
A questo punto, basterebbe solo che il Re firmi il decreto e la Marcia, che si sta arenando a causa dei blocchi ferroviari, sarà spenta dall’esercito.
(La Marcia su Roma di Giacomo Balla – © Pinacoteca Giovanni e Marina Agnelli Torino – 1932)
Ma il Re non firma: non si sa se per paura che dando l’ordine, l’esercito l’avrebbe tradito (Diaz, eroe della Grande Guerra e Senatore, avrebbe detto al Re, alla domanda se l’Esercito fosse con lui, Diaz avrebbe risposto “sì, ma non lo metterei alla prova”) o convinto che forse, i fascisti potevano fargli gioco contro la “minaccia rossa” o di poter tenere sotto “controllo” il fascismo, non firma, causando di fatto la fine del Governo Facta.
Il resto è noto, il governo Facta cade il 28, nella stessa giornata, si prova a formare un governo con Salandra, ma fallisce; il giorno dopo, Vittorio Emanuele III farà contattare Mussolini al Nord, per scendere e affidargli l’incarico di formare un nuovo governo.
Da quell’istante, anche se il golpe vero e proprio, con la proclamazione delle Leggi Fascistissime, avverrà nel 1925, inizierà il Ventennio più terribile e vergognoso della Storia italiana, quel regime dittatoriale fascista che terminerà solo il 25 Luglio del 1943, quando Mussolini sarà deposto e arrestato (ma la sua parabola finirà solo due anni dopo nel 1945), durante il quale assisteremo a vergogne come le Leggi Razziali, la Guerra in Etiopia (e relativi crimini di guerra), la vergognosa partecipazione, assieme ai tedeschi, a fianco di Franco nella Guerra Civile spagnola, l’entrata in guerra a fianco di Hitler e tutte le conseguenze di quella scelta.
(Foto Copertina © Wikipedia/Repubblica – 1922)
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